Beeple, nome d’arte di Mike Winkelmann, é un artista americano che lavora nel campo del digitale. Si parla molto di lui in questi giorni da quando il suo collage, costituito da 5000 immagini realizzate in 13 anni, l’11 marzo é stato battuto da Christie’s per quasi 70 milioni di dollari toccando la quotazione più alta mai raggiunta da un artista digitale e arrivando a entrare nella rosa degli artisti più pagati al mondo (secondo solo a Jeff Koons che detiene il record con i suoi 91 milioni di dollari). Un investitore in cryptovalute di Singapore é emerso come l’acquirente dell’opera, identificato dalla casa d’aste con lo pseudonimo di Metakovan e fondatore di Metapurse, il crypto-tycoon che era relativamente sconosciuto finora nel mondo delle crypto-valute. Metakovan, che ha cominciato a investire nel 2013 quando un Bitcoin costava 13 dollari (contro i 57.500 di oggi) ha battuto decine di rivali nei 15 giorni dell’asta online e adesso vuole aprire un ‘museo’ per “Everydays: The First 5000 Days”, il nuovo gioiello della sua collezione. Metakovan ha pagato il collage di Beeple in Ethereum, un’altra moneta virtuale simile a Bitcoin. L’asta di giovedi’, seguita nelle sue ultime fasi da 22 milioni di persone, e’ stata la prima in 255 anni di storia di Christie’s in cui sono state accettate puntate in crypto-valute. Metapurse compra da anni arte interamente digitale e ha ammassato la collezione probabilmente piú vasta al mondo di opere basate sul principio dei “non fungible token” (NFT), opere crittografate che vengono autenticate utilizzando la tecnologia blockchain e contrassegnate da una firma digitale unica dell’artista. Questo mercato nascente é in rapida crescita e nel 2020 ha triplicato il proprio valore, arrivando a 250 milioni di dollari, frequentato soprattutto da tycoon della tecnologia. Con l’aumento esponenziale dell’interesse per il fenomeno si è scatenata una vera e propria corsa all’oro, che ha portato ad una rapida “degenerazione” del fenomeno, con tentativi di vendita (spesso riuscitissimi) di oggetti unici il cui valore artistico é sempre piú discutibile, restando comunque di un certo rilievo economico. Blockchain sta cambiando il mondo dell’arte: lo scalpore suscitato da questo fenomeno fa emergere l’aspetto innovativo della crypto-art, la quale é riuscita a risolvere il problema che affliggeva l’arte digitale, garantendo con il sistema crittografato la singolaritá e la non riproducibilitá dell’opera. I precedenti nella storia dell’arte di unicitá e irripetibilitá sono molti e spaziano dagli happening degli anni ’60 di Kaprov, a Fluxus, alle performance della Abramovich e della body art, a Yves Klein con il suo “Salto nel vuoto”, al “Fiato d’artista” di Manzoni, fino ad arrivare alla land art di Christo e alle opere d’arte situazionali di Tino Seghal. Tutto ció che accumuna queste tipologie di espressione artistica all’arte digitale, è, innazitutto, il fatto che non possano essere fruite dallo spettatore appendendole a una parete; l’opera digitale é qualcosa che non esiste realmente, ma in uno spazio altro, virtuale, rispetto a quello della realtá; cosi come l’happening e tutte quelle forme d’arte legate a performance esistono in un altro tempo, in un istante unico e irripetibile che si puó solo riportare alla memoria con materiale di documentazione fotografica o video. Opere, dunque, intangibili che ci fanno riflettere sulla direzione che sta prendendo la societá contemporanea: in un’era dominata dal materialismo assistiamo, paradossalmente, a una smaterializzazione. L’opera d’arte non é piú costituita da materia come lo era tradizionalmente in passato, ma sta andando sempre piú, per dirla con Yves Klein, verso l’immateriale, e verso una scissione nei suoi componenti fondamentali, i Pixel, come é accaduto con il gigantesco collage in Jpeg di Beeple o la Monna Lisa celata dai Pixel, nuova opera annunciata dall’artista. La grandezza, oltre che i tempi di realizzazione, sono altri fattori che collegano l’arte digitale di Deeple alle solenni opere, per esempio, dei grandi maestri del rinascimento. Sfatando il luogo comune che l’arte digitale sia rapida, superficiale e facile da eseguire, essa richiede, invece, impegno, competenza e una mole di lavoro non indifferente. Quest’opera é infatti costituita da 5000 immagini create ex novo ogni giorno e postate online per oltre tredici anni e mezzo senza tralasciare un solo giorno; a testimoniare che cambiano gli stili, i mezzi, la societá e il messaggio che si vuole esprimere, ma permane l’esigenza dell’arte di eternizzare, restare nella memoria, lasciare un segno che non è, peró, piú materiale, ma si muove verso una dimensione incorporea e impalpabile. Altro elemento di notevole rilevanza é la direzione che sta prendendo il mercato della crypto-arte, sempre piú svincolato dal valore dell’opera in sé, testimonianza del fatto che fanno parte di questo mercato oggetti sempre meno artistici, ma piú legati al mercato delle monete virtuali e alla sua speculazione. Anche in questo niente di nuovo; i predecessori che hanno saputo con ironia mettere in luce questo fenomeno si possono ravvisare in Marcel Duchamp con i suoi ready-made e in Piero Manzoni con la sua “Merda d’artista”, (il cui esemplare n. 69 nel 2016 é stato aggiudicato a 275 000 euro, nuovo record mondiale d’asta) i quali ci pongono dinnanzi l’aspetto paradossale del mercato dell’arte contemporanea, che è pronto ad accettare letteralmente della merda, purché in edizione numerata e garantita nella sua autenticità ed esclusività. L’arte si conferma ancora una volta il riflesso della societá, talvolta criticandola, talvolta ironizzando, ma accettando sempre le regole del gioco. Come un camaleonte che si adatta ai cambiamenti, per quanti colori possa cambiare, rimane sempre un camaleonte, cosí l’arte rimane pura , in un certo senso indifesa e in balia dell’arbitrarietá degli eventi della societá. Ed é proprio in questo paradosso che sta la bellezza dell’arte, la quale con il passare del tempo non si svaluta mai: essa rimane incontaminata e bella in sé mostrando un valore assoluto, ma al tempo stesso é ciò che più risente delle oscillazioni del mercato, dei terremoti e delle rivoluzioni della societá, ma soprattutto dell’illusorietá delle scelte soggettive e arbitrarie dell’uomo.
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Il fenomeno Beeple: il paradosso dell’arte nel mercato contemporaneo
Di Emilia Agosti
Beeple, nome d’arte di Mike Winkelmann, é un artista americano che lavora nel campo del digitale. Si parla molto di lui in questi giorni da quando il suo collage, costituito da 5000 immagini realizzate in 13 anni, l’11 marzo é stato battuto da Christie’s per quasi 70 milioni di dollari toccando la quotazione più alta mai raggiunta da un artista digitale e arrivando a entrare nella rosa degli artisti più pagati al mondo (secondo solo a Jeff Koons che detiene il record con i suoi 91 milioni di dollari). Un investitore in cryptovalute di Singapore é emerso come l’acquirente dell’opera, identificato dalla casa d’aste con lo pseudonimo di Metakovan e fondatore di Metapurse, il crypto-tycoon che era relativamente sconosciuto finora nel mondo delle crypto-valute. Metakovan, che ha cominciato a investire nel 2013 quando un Bitcoin costava 13 dollari (contro i 57.500 di oggi) ha battuto decine di rivali nei 15 giorni dell’asta online e adesso vuole aprire un ‘museo’ per “Everydays: The First 5000 Days”, il nuovo gioiello della sua collezione. Metakovan ha pagato il collage di Beeple in Ethereum, un’altra moneta virtuale simile a Bitcoin. L’asta di giovedi’, seguita nelle sue ultime fasi da 22 milioni di persone, e’ stata la prima in 255 anni di storia di Christie’s in cui sono state accettate puntate in crypto-valute. Metapurse compra da anni arte interamente digitale e ha ammassato la collezione probabilmente piú vasta al mondo di opere basate sul principio dei “non fungible token” (NFT), opere crittografate che vengono autenticate utilizzando la tecnologia blockchain e contrassegnate da una firma digitale unica dell’artista. Questo mercato nascente é in rapida crescita e nel 2020 ha triplicato il proprio valore, arrivando a 250 milioni di dollari, frequentato soprattutto da tycoon della tecnologia. Con l’aumento esponenziale dell’interesse per il fenomeno si è scatenata una vera e propria corsa all’oro, che ha portato ad una rapida “degenerazione” del fenomeno, con tentativi di vendita (spesso riuscitissimi) di oggetti unici il cui valore artistico é sempre piú discutibile, restando comunque di un certo rilievo economico. Blockchain sta cambiando il mondo dell’arte: lo scalpore suscitato da questo fenomeno fa emergere l’aspetto innovativo della crypto-art, la quale é riuscita a risolvere il problema che affliggeva l’arte digitale, garantendo con il sistema crittografato la singolaritá e la non riproducibilitá dell’opera. I precedenti nella storia dell’arte di unicitá e irripetibilitá sono molti e spaziano dagli happening degli anni ’60 di Kaprov, a Fluxus, alle performance della Abramovich e della body art, a Yves Klein con il suo “Salto nel vuoto”, al “Fiato d’artista” di Manzoni, fino ad arrivare alla land art di Christo e alle opere d’arte situazionali di Tino Seghal. Tutto ció che accumuna queste tipologie di espressione artistica all’arte digitale, è, innazitutto, il fatto che non possano essere fruite dallo spettatore appendendole a una parete; l’opera digitale é qualcosa che non esiste realmente, ma in uno spazio altro, virtuale, rispetto a quello della realtá; cosi come l’happening e tutte quelle forme d’arte legate a performance esistono in un altro tempo, in un istante unico e irripetibile che si puó solo riportare alla memoria con materiale di documentazione fotografica o video. Opere, dunque, intangibili che ci fanno riflettere sulla direzione che sta prendendo la societá contemporanea: in un’era dominata dal materialismo assistiamo, paradossalmente, a una smaterializzazione. L’opera d’arte non é piú costituita da materia come lo era tradizionalmente in passato, ma sta andando sempre piú, per dirla con Yves Klein, verso l’immateriale, e verso una scissione nei suoi componenti fondamentali, i Pixel, come é accaduto con il gigantesco collage in Jpeg di Beeple o la Monna Lisa celata dai Pixel, nuova opera annunciata dall’artista. La grandezza, oltre che i tempi di realizzazione, sono altri fattori che collegano l’arte digitale di Deeple alle solenni opere, per esempio, dei grandi maestri del rinascimento. Sfatando il luogo comune che l’arte digitale sia rapida, superficiale e facile da eseguire, essa richiede, invece, impegno, competenza e una mole di lavoro non indifferente. Quest’opera é infatti costituita da 5000 immagini create ex novo ogni giorno e postate online per oltre tredici anni e mezzo senza tralasciare un solo giorno; a testimoniare che cambiano gli stili, i mezzi, la societá e il messaggio che si vuole esprimere, ma permane l’esigenza dell’arte di eternizzare, restare nella memoria, lasciare un segno che non è, peró, piú materiale, ma si muove verso una dimensione incorporea e impalpabile. Altro elemento di notevole rilevanza é la direzione che sta prendendo il mercato della crypto-arte, sempre piú svincolato dal valore dell’opera in sé, testimonianza del fatto che fanno parte di questo mercato oggetti sempre meno artistici, ma piú legati al mercato delle monete virtuali e alla sua speculazione. Anche in questo niente di nuovo; i predecessori che hanno saputo con ironia mettere in luce questo fenomeno si possono ravvisare in Marcel Duchamp con i suoi ready-made e in Piero Manzoni con la sua “Merda d’artista”, (il cui esemplare n. 69 nel 2016 é stato aggiudicato a 275 000 euro, nuovo record mondiale d’asta) i quali ci pongono dinnanzi l’aspetto paradossale del mercato dell’arte contemporanea, che è pronto ad accettare letteralmente della merda, purché in edizione numerata e garantita nella sua autenticità ed esclusività. L’arte si conferma ancora una volta il riflesso della societá, talvolta criticandola, talvolta ironizzando, ma accettando sempre le regole del gioco. Come un camaleonte che si adatta ai cambiamenti, per quanti colori possa cambiare, rimane sempre un camaleonte, cosí l’arte rimane pura , in un certo senso indifesa e in balia dell’arbitrarietá degli eventi della societá. Ed é proprio in questo paradosso che sta la bellezza dell’arte, la quale con il passare del tempo non si svaluta mai: essa rimane incontaminata e bella in sé mostrando un valore assoluto, ma al tempo stesso é ciò che più risente delle oscillazioni del mercato, dei terremoti e delle rivoluzioni della societá, ma soprattutto dell’illusorietá delle scelte soggettive e arbitrarie dell’uomo.
Beeple, nome d’arte di Mike Winkelmann, é un artista americano che lavora nel campo del digitale. Si parla molto di lui in questi giorni da quando il suo collage, costituito da 5000 immagini realizzate in 13 anni, l’11 marzo é stato battuto da Christie’s per quasi 70 milioni di dollari toccando la quotazione più alta mai raggiunta da un artista digitale e arrivando a entrare nella rosa degli artisti più pagati al mondo (secondo solo a Jeff Koons che detiene il record con i suoi 91 milioni di dollari). Un investitore in cryptovalute di Singapore é emerso come l’acquirente dell’opera, identificato dalla casa d’aste con lo pseudonimo di Metakovan e fondatore di Metapurse, il crypto-tycoon che era relativamente sconosciuto finora nel mondo delle crypto-valute. Metakovan, che ha cominciato a investire nel 2013 quando un Bitcoin costava 13 dollari (contro i 57.500 di oggi) ha battuto decine di rivali nei 15 giorni dell’asta online e adesso vuole aprire un ‘museo’ per “Everydays: The First 5000 Days”, il nuovo gioiello della sua collezione. Metakovan ha pagato il collage di Beeple in Ethereum, un’altra moneta virtuale simile a Bitcoin. L’asta di giovedi’, seguita nelle sue ultime fasi da 22 milioni di persone, e’ stata la prima in 255 anni di storia di Christie’s in cui sono state accettate puntate in crypto-valute. Metapurse compra da anni arte interamente digitale e ha ammassato la collezione probabilmente piú vasta al mondo di opere basate sul principio dei “non fungible token” (NFT), opere crittografate che vengono autenticate utilizzando la tecnologia blockchain e contrassegnate da una firma digitale unica dell’artista. Questo mercato nascente é in rapida crescita e nel 2020 ha triplicato il proprio valore, arrivando a 250 milioni di dollari, frequentato soprattutto da tycoon della tecnologia. Con l’aumento esponenziale dell’interesse per il fenomeno si è scatenata una vera e propria corsa all’oro, che ha portato ad una rapida “degenerazione” del fenomeno, con tentativi di vendita (spesso riuscitissimi) di oggetti unici il cui valore artistico é sempre piú discutibile, restando comunque di un certo rilievo economico. Blockchain sta cambiando il mondo dell’arte: lo scalpore suscitato da questo fenomeno fa emergere l’aspetto innovativo della crypto-art, la quale é riuscita a risolvere il problema che affliggeva l’arte digitale, garantendo con il sistema crittografato la singolaritá e la non riproducibilitá dell’opera. I precedenti nella storia dell’arte di unicitá e irripetibilitá sono molti e spaziano dagli happening degli anni ’60 di Kaprov, a Fluxus, alle performance della Abramovich e della body art, a Yves Klein con il suo “Salto nel vuoto”, al “Fiato d’artista” di Manzoni, fino ad arrivare alla land art di Christo e alle opere d’arte situazionali di Tino Seghal. Tutto ció che accumuna queste tipologie di espressione artistica all’arte digitale, è, innazitutto, il fatto che non possano essere fruite dallo spettatore appendendole a una parete; l’opera digitale é qualcosa che non esiste realmente, ma in uno spazio altro, virtuale, rispetto a quello della realtá; cosi come l’happening e tutte quelle forme d’arte legate a performance esistono in un altro tempo, in un istante unico e irripetibile che si puó solo riportare alla memoria con materiale di documentazione fotografica o video. Opere, dunque, intangibili che ci fanno riflettere sulla direzione che sta prendendo la societá contemporanea: in un’era dominata dal materialismo assistiamo, paradossalmente, a una smaterializzazione. L’opera d’arte non é piú costituita da materia come lo era tradizionalmente in passato, ma sta andando sempre piú, per dirla con Yves Klein, verso l’immateriale, e verso una scissione nei suoi componenti fondamentali, i Pixel, come é accaduto con il gigantesco collage in Jpeg di Beeple o la Monna Lisa celata dai Pixel, nuova opera annunciata dall’artista. La grandezza, oltre che i tempi di realizzazione, sono altri fattori che collegano l’arte digitale di Deeple alle solenni opere, per esempio, dei grandi maestri del rinascimento. Sfatando il luogo comune che l’arte digitale sia rapida, superficiale e facile da eseguire, essa richiede, invece, impegno, competenza e una mole di lavoro non indifferente. Quest’opera é infatti costituita da 5000 immagini create ex novo ogni giorno e postate online per oltre tredici anni e mezzo senza tralasciare un solo giorno; a testimoniare che cambiano gli stili, i mezzi, la societá e il messaggio che si vuole esprimere, ma permane l’esigenza dell’arte di eternizzare, restare nella memoria, lasciare un segno che non è, peró, piú materiale, ma si muove verso una dimensione incorporea e impalpabile. Altro elemento di notevole rilevanza é la direzione che sta prendendo il mercato della crypto-arte, sempre piú svincolato dal valore dell’opera in sé, testimonianza del fatto che fanno parte di questo mercato oggetti sempre meno artistici, ma piú legati al mercato delle monete virtuali e alla sua speculazione. Anche in questo niente di nuovo; i predecessori che hanno saputo con ironia mettere in luce questo fenomeno si possono ravvisare in Marcel Duchamp con i suoi ready-made e in Piero Manzoni con la sua “Merda d’artista”, (il cui esemplare n. 69 nel 2016 é stato aggiudicato a 275 000 euro, nuovo record mondiale d’asta) i quali ci pongono dinnanzi l’aspetto paradossale del mercato dell’arte contemporanea, che è pronto ad accettare letteralmente della merda, purché in edizione numerata e garantita nella sua autenticità ed esclusività. L’arte si conferma ancora una volta il riflesso della societá, talvolta criticandola, talvolta ironizzando, ma accettando sempre le regole del gioco. Come un camaleonte che si adatta ai cambiamenti, per quanti colori possa cambiare, rimane sempre un camaleonte, cosí l’arte rimane pura , in un certo senso indifesa e in balia dell’arbitrarietá degli eventi della societá. Ed é proprio in questo paradosso che sta la bellezza dell’arte, la quale con il passare del tempo non si svaluta mai: essa rimane incontaminata e bella in sé mostrando un valore assoluto, ma al tempo stesso é ciò che più risente delle oscillazioni del mercato, dei terremoti e delle rivoluzioni della societá, ma soprattutto dell’illusorietá delle scelte soggettive e arbitrarie dell’uomo.