Antonio Pedretti
Nasce il 2 febbraio 1950 a Gavirate in provincia di Varese. La sua formazione avviene, dapprima, alla scuola di pittura del Castello Sforzesco e poi all’Accademia di Brera che abbandona nel 1972. Nel frattempo, all’età di sedici anni, ha già allestito la sua prima personale alla Galleria Ca’ Vegia di Varese con opere dipinte a spatola in cui erano rappresentati, con un certo sentimentalismo e una pregevole, precoce abilità tecnica, paesaggi, casolari, fiori, alberi, acque stagnanti.
Soggetto quest’ultimo che resterà una costante all’interno del percorso dell’artista, nato sulle rive del lago e dunque intimamente legato a questo genere di paesaggio naturale.
Nel 1972 espone alla Galerie L’Angle aigu di Bruxelles ottenendo un lusinghiero successo di critica sulla stampa belga. Lo presenta Renato Guttuso: ‘Caro Pedretti, benché tu sia molto giovane, il tuo lavoro offre già alcuni elementi sicuri per giudicare delle tue doti non comuni. Non si può non essere colpiti dalla sicurezza con cui il tuo segno, le tue note di colore definiscono un paesaggio, una figura, un intero nei suoi tratti essenziali; del piglio con cui il tuo disegno ha la capacità di penetrare la forma, ad indagarla con precisione, senza cadere nell’analisi minuziosamente accademica. Oggi il tuo lavoro si trova ad un punto assai serio, e mi pare che i tuoi dipinti recenti contengano elementi nuovi rispetto alla felicità e facilità delle tue precedenti pitture. C’è la coscienza di un impegno nuovo e di nuove difficoltà. E’ la premessa di un balzo in avanti’.
E’ il gesto, alla maniera di Pollock, ad assumere importanza nelle opere della seconda metà degli anni ’70, un gesto ampio e disteso che consente alla materia pittorica di espandersi e corrugarsi, di brillare in vividi colori e di disegnare trame allusive. Dipinge queste immagini ‘informali’ su fogli di pvc o di plexiglass e le rinchiude all’interno degli stessi stratificando i materiali ed utilizzando anche delle resine. Abbandonate, a partire dalla metà degli anni ’80, le velleità delle avanguardie contemporanee, ritorna in una certa misura a quel senso della natura delle origini, a liriche evocazioni paesistiche, memori però della gestualità informale e soprattutto della lezione di tre grandi maestri del genere: Constable, Segantini e Morlotti. Dei primi due ritroviamo nelle immagini di Pedretti il sapiente uso delle scansioni cromatiche e la grande capacità di strutturare l’insieme per giochi chiaroscurali; del terzo, appare evidente il rapporto con la materia, la quale sempre tende più a solidificarsi e ad acquistare spessore. Vive e lavora a Gavirate, sulle sponde del lago di Varese.
Le opere